di TSS Platform

English

  • 150 attiviste e attivisti da più di venti paesi europei e non si sono riuniti a Francoforte per il meeting transnazionale del TSS, impegnandosi a prendere parte a un processo politico transnazionale;
  • Riconosciamo l’invasione dell’Ucraina come un evento non semplicemente locale, ma che rappresenta un punto di svolta che sta già influenzando e continuerà a influenzare pesantemente le nostre iniziative politiche negli anni a venire;
  • La guerra e i suoi effetti sul clima, sulle lotte femministe, dei migranti, antirazziste e del lavoro sono terreni cruciali in cui sviluppare strategie comuni e organizzarsi insieme;
  • Oltre al lavoro necessario per mettere in comunicazione le nostre lotte e tradurre in pratiche le nostre connessioni transnazionali, abbiamo bisogno di costruire insieme qualcosa di nuovo;
  • Il coordinamento del TSS, in quanto infrastruttura politica di scambio strategico, è lo spazio in cui portare avanti in forma allargata questa discussione su una strategia transnazionale comune e collaborare per incontrarsi fisicamente di nuovo nei prossimi mesi.

Dal 10 al 12 febbraio circa 150 persone tra lavoratori e lavoratrici, attiviste e attivisti di movimenti femministi, ambientalisti e antirazzisti, migranti, sindacaliste e sindacalisti provenienti da più di 20 paesi, europei e non, si sono incontrati a Francoforte per il meeting transnazionale organizzato dalla Transnational Social Strike Platform (TSS) con il supporto della Interventionistische Linke (IL), esito di una discussione con compagne e compagni vecchi e nuovi incontrati durante il meeting di Sofia a settembre.

Grazie a una partecipazione così diversificata, l’incontro di Francoforte ha riaffermato la crescente necessità di unirsi a livello transnazionale per affrontare quegli eventi globali – come la pandemia, la crisi climatica e la guerra in Ucraina, con il pericolo costante di una sua ulteriore estensione – che rischiano di paralizzare la nostra azione politica. Questi eventi, che hanno conseguenze sul piano globale, stanno avendo un impatto sulla vita di milioni di persone, ridisegnando le condizioni politiche in cui tutti noi viviamo. Più che mai, abbiamo bisogno di una strategia transnazionale comune che ci permetta di costruire legami più forti e di far sentire una voce collettiva. Questo obiettivo, che il TSS ha perseguito fin dall’inizio della propria esperienza, dopo Francoforte si è rivelato essere un’urgenza che si manifesta in molti contesti, acquisendo una risonanza e un’attenzione sempre più ampie.

Affrontare la realtà in cui viviamo, qui e ora: sciopero contro la guerra e la crisi climatica

Riconosciamo che l’invasione dell’Ucraina non è un evento locale, ma il più recente sviluppo di conflitti precedenti e guerre lontane dagli occhi europei, e rappresenta un punto di svolta nelle relazioni globali che si sta già facendo sentire e che avrà un forte impatto sulla nostra iniziativa politica negli anni a venire. Allo stesso tempo, le risposte politiche alla guerra in Ucraina hanno posto enormi ostacoli all’azione politica nei nostri diversi contesti. Ci troviamo di fronte a un rompicapo: da un lato, la guerra è un problema politico ineludibile, con cui dobbiamo confrontarci per poter intervenire in un presente profondamente segnato dalla tendenza verso l’espansione del conflitto in altre regioni, come dimostrano le crescenti tensioni tra la Cina e gli Stati Uniti e la NATO; dall’altro, questa guerra ci impone di ripensare radicalmente la nostra idea di movimento contro la guerra, per evitare che tale movimento finisca per ripiegarsi sugli schieramenti preconfezionati che stanno già saturando lo spazio politico. Che cosa serve per costruire una presa di posizione contro la guerra che sia orientata dalle lotte quotidiane di coloro che ne subiscono le conseguenze più dure? Che tipo di infrastruttura politica è necessaria per renderlo possibile? Sulla scorta di quanto abbiamo appreso negli ultimi mesi con l’iniziativa della Permanent Assembly Against the War (PAAW), diamo a questo sforzo il nome di politica transnazionale di pace.

La guerra rappresenta una minaccia esistenziale verso qualsiasi possibilità di convergenza transnazionale e ostacola qualsiasi tipo di iniziativa politica collettiva e di lotta. O affrontiamo questa minaccia lavorando apertamente sui disaccordi tra le diverse posizioni, o siamo destinati a soccombere di fronte all’odio nazionalistico e ai sentimenti militaristi. Nella consapevolezza di questa situazione, il meeting è stato aperto da un’assemblea plenaria dellla PAAW. Abbiamo constatato il sollievo dato dalla possibilità di confrontarsi tra compagne e compagni nonostante i disaccordi. Abbiamo percepito quanto ciò sia diventato raro in una situazione in cui il militarismo si sta infiltrando anche nel modo di pensare, diffondendo paura e sfiducia. Abbiamo mostrato il modo in cui, guardando alla guerra e alle sue conseguenze da punti di vista informati da storie ed esperienze differenti, è possibile erodere l’apparente necessità e la fissità della logica della guerra con le sue presunte alternative categoriche. Ci siamo chiesti se il sostegno dei nostri governi e dell’Unione Europea all’invio di armi sia l’unica alternativa a nostra disposizione per stare dalla parte di chi soffre le conseguenze dell’invasione russa. Abbiamo affermato che tutti coloro che – direttamente o indirettamente, più o meno da vicino – sono colpiti da questo processo che risponde alla guerra con più guerra dovrebbero poter dire la loro e partecipare alla discussione.

Uno dei compiti che abbiamo di fronte è proprio quello di reinventare un antimilitarismo che vada ben oltre il blocco dell’industria militare, rivolgendosi a lavoratori e migranti, donne e persone lgbtqi+ colpite dall’attuale regime neoliberale sotto mentite spoglie militari. La guerra sta cambiando drasticamente l’Unione Europea e il suo rapporto con le regioni e i paesi vicini. I discorsi patriarcali e le politiche dell’UE contro i migranti sono sempre più concepiti all’interno di una logica militare. In risposta alla guerra, abbiamo visto i governi di tutto il mondo ricorrere ai combustibili fossili e mettere da parte la transizione verde. Nei piani di ricostruzione dell’Ucraina osserviamo l’intreccio tra le politiche verdi e il capitale transnazionale. La recente lotta a Lützerath ha messo chiaramente in luce queste contraddizioni. Tutto ciò pone interrogativi inediti ai movimenti dei migranti, ai movimenti femministi, ai movimenti per il clima. In particolare, la connessione tra militarizzazione e cambiamento climatico sarà uno dei punti centrali delle nostre discussioni future.

Dal locale al transnazionale e ritorno

Questa situazione richiede una lettura comune e un esercizio collettivo di immaginazione politica. Quello di produrre strategia transnazionale non deve essere visto come un progetto contrapposto alla concretezza delle lotte locali che continueremo a portare avanti, né può limitarsi a un semplice coordinamento di ciò che già esiste. Continueremo a lavorare per mostrare in modo palpabile le molteplici forme in cui le nostre lotte locali sono attraversate da dinamiche transnazionali. Ma per noi la dimensione transnazionale sta prima di tutto nell’apertura di spazi in cui anche le lotte locali possono guadagnare forza e ottenere una risonanza più ampia.

Durante il meeting abbiamo condiviso le nostre esperienze di lotta, nel tentativo di imparare gli uni dagli altri, di comprendere insieme limiti e potenzialità, per poter essere più efficaci. Abbiamo preso spunto da esempi concreti come lo sciopero femminista, lo sciopero per il clima, gli scioperi transnazionali dei lavoratori e delle lavoratrici di Amazon che vanno dalla Polonia e dalla Germania agli Stati Uniti e alla Turchia. Abbiamo discusso di problemi legati alle tattiche del movimento per il clima, ad esempio di come combattere la dicotomia tra rivendicazioni operaie e per la giustizia climatica e di come rileggere la transizione verde in corso come un terreno di accumulazione capitalistica e di lotta contro il capitale. Abbiamo discusso di come organizzarci contro il regime dei confini e per la libertà di movimento, di come rendere lo sciopero femminista uno strumento potente capace di smarcarsi da ogni ritualità e di relazionarsi allo scenario attuale (leggi i report dei workshop sul sito del TSS). Abbiamo mappato le nostre lotte attuali cercando di immaginare legami e connessioni inaspettate che ci permettano di continuare a sperimentare lo sciopero politico come uno strumento di opposizione ai molteplici modi in cui il potere espande la sua presa.

Affrontare ciò che ci divide

Siamo in lotta contro nemici transnazionali: il patriarcato, il cambiamento climatico e la transizione verde, la logistica dello sfruttamento, il regime dei confini, chi caldeggia la guerra in tutto il mondo. Contemporaneamente dobbiamo fare i conti con le differenze nelle leggi sullo sciopero, nelle condizioni salariali, nelle ricadute locali della transizione verde, nelle normative sull’aborto, nei regimi dei visti per i lavoratori migranti e negli effetti della guerra. Non esiste una pratica unica che possa risolvere tutti i problemi. Ogni sciopero politico e sociale pone la questione di come coinvolgere chi lavora e danneggia i profitti interrompendo il lavoro, di come colmare il divario tra movimenti sociali, lavoratrici e lavoratori che si sta approfondendo nella situazione attuale, e di come intervenire nei movimenti esistenti portando in primo piano l’intersezione tra guerra, sfruttamento, oppressione, razzismo, violenza patriarcale e crisi climatica.

Il mutamento del contesto politico circostante ci impone un ripensamento costante delle condizioni in cui lottiamo, affinché lo sciopero non diventi un rituale o un marchio. Ciò richiede un dialogo transnazionale continuo che ci permetta di comprendere più a fondo la nostra realtà sociale, plasmata com’è da processi transnazionali. La frammentazione dei conflitti e la settorializzazione delle lotte fanno parte della strategia di governo del capitale neoliberale, volta a disperdere e indebolire le nostre rivendicazioni e mobilitazioni contro di esso. Ciò che temono è prima di tutto l’organizzazione collettiva. Ad esempio, la strategia di mettere le rivendicazioni ecologiste contro quelle dei lavoratori è anche una strategia per rompere le potenziali alleanze e convergenze di queste lotte che hanno molto in comune. Questa strategia di frammentazione è sempre più visibile ora che il capitale neoliberale si sta militarizzando. Nel contesto attuale la frammentazione neoliberale si somma alla spaccatura tra diversi blocchi e nazionalità provocata dalla guerra in Ucraina e dalle sue conseguenze globali. Contro lo sforzo dall’alto di costruire confini tra di noi, tra nazionalità, tra oriente e occidente ma anche tra settori, identità e rivendicazioni, dobbiamo confrontarci a viso aperto con ciò che ci divide in modo da poter costruire insieme lotte comuni.

Rafforzare la nostra infrastruttura politica

Molte e molti a Francoforte hanno preso l’impegno di partecipare a questo processo collettivo di costruzione di una strategia transnazionale comune. Abbiamo avuto la sensazione che, quasi dieci anni dopo l’ultimo esperimento di movimento europeo, Blockupy, un movimento transnazionale stia effettivamente prendendo forma, passo dopo passo, in Europa e oltre. Il TSS sta allargando il suo raggio d’azione verso l’Asia centrale, l’Africa e l’Asia orientale. Coltiveremo queste relazioni nel prossimo futuro, consapevoli che la dimensione transnazionale non si ferma ai confini dell’UE e richiede una certa determinazione ad abbattere tutte le frontiere che incontriamo, a partire dai muri che stanno venendo eretti per mettere il “giardino” europeo al sicuro dalla “giungla” esterna, per citare le parole dell’ennesimo funzionario razzista dell’UE.

Il coordinamento del TSS, in quanto infrastruttura politica di scambio strategico, continuerà in forma allargata come spazio in cui portare avanti questa discussione intorno a una strategia transnazionale comune, e lavoreremo insieme per incontrarci di nuovo dal vivo nei prossimi mesi. Al di là del lavoro necessario per far comunicare le lotte e mettere in pratica i nostri legami transnazionali, abbiamo discusso della necessità di costruire insieme qualcosa di nuovo. La domanda è come avviare la formazione collettiva di un’iniziativa transnazionale per individuare delle priorità in comune. Abbiamo iniziato a discutere sulla forma che una mobilitazione transnazionale può assumere oggi, in un presente segnato dall’escalation bellica e dalla crisi climatica e di quale ipotesi e iniziativa può dare forma in futuro a una direzione comune. Il meeting di Francoforte ha aperto la strada a un processo organizzativo verso un’iniziativa transnazionale che possa confrontarsi con la guerra e con il suo impatto sulle lotte climatiche, femministe, dei migranti, antirazziste e sindacali. Questa è ora la sfida che dobbiamo affrontare insieme come percorso comune. Invitiamo tutte e tutti coloro che condividono questa urgenza e vogliono impegnarsi in questo processo collettivo a unirsi a noi.

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