L’Europa è governata da uno stato d’emergenza permanente: controlli ai confini filtrano gli ingressi dei mi-granti che arrivano ogni giorno alle frontiere esterne secondo criteri sempre più restrittivi. I documenti vengono controllati in maniera sempre più indiscriminata. Le misure di sicurezza contro gli abitanti delle periferie urbane sono sempre di più. Le città proibiscono manifestazioni pubbliche. I discorsi nazionalisti e razzisti crescono. Non si tratta in realtà di una novità: da anni lo stato di emergenza istituzionale e sociale è una parte integrante dell’austerity europea e del governo della mobilità. Migranti, rifugiati, precarie, operai e disoccupati vivono in uno stato di profonda crisi sociale: i diritti sono brutalmente sotto attacco, il welfare viene smantellato e i confini sono usati come strumenti di esclusione, di inclusione selettiva e di sfruttamento. C’è di sicuro qualcosa come un «noi» e un «loro» oggi in Europa. L’opposizione, tuttavia, non è tra democrazia e terrore, ma tra coloro che sono sfruttati e coloro che sfruttano, tra coloro che si muovono per cercare una vita migliore e coloro che organizzano muri, barriere e confini. Questo è lo «stato d’emergenza» a cui vogliamo porre fine. Il primo marzo 2016 mostreremo concretamente che è possibile superare gerarchie e divisioni unendosi dalla parte dei migranti in una lotta comune.

Lo diciamo chiaramente: il regime dei confini non è solo un problema dei migranti, ma colpisce tutti noi. At-traverso la mobilità, i migranti rifiutano sia la guerra sia lo sfruttamento, e sfidano le misure di austerity, la precarizzazione e il razzismo istituzionale. Le istituzioni europee stanno cercando di controllare questa mo-bilità con il solo scopo di ottimizzare i profitti: abbassando i salari, cancellando i diritti sociali e sul lavoro, colpendo la possibilità di tutti di organizzarsi contro lo sfruttamento. Anche la distinzione tra migranti eco-nomici, rifugiati legittimi e illegittimi è uno strumento potente usato per produrre frammentazione e inde-bolire la solidarietà. Oggi tutti coloro che vivono in Europa stanno facendo esperienza di ciò che il lavoro migrante significa: la cittadinanza non garantisce più diritti sociali, avere un lavoro non garantisce più un salario decente, il lavoro non garantisce una vita migliore. I migranti interni, anche se sono in possesso della cittadinanza europea, possono essere trattati come “turisti del welfare”, possono essere loro negati i diritti sociali e possono essere espulsi dal paese se sono giudicati “inoccupabili”, se non lavorano abbastanza o se non hanno i documenti. La cittadinanza europea è diventata un laboratorio per sperimentare nuove politiche di workfare che legano ogni diritto sociale all’occupabilità e al lavoro salariato. Questo rende le lotte intorno al lavoro migrante politicamente centrali per tutti.

Se vogliamo porre fine a questo stato di emergenza, dobbiamo trasformare l’incredibile solidarietà sollevata dai movimenti dei migranti in tutta Europa negli ultimi mesi in connessioni politiche concrete tra diverse condizioni di lavoro; dobbiamo riconoscere che le politiche di accoglienza riguardano la casa, i salari e il reddito di tutti i lavoratori. Se vogliamo combattere l’austerità dobbiamo stabilire forti canali di comunicazione tra tutti coloro che lavorano lungo le stesse catene dello sfruttamento con diverse condizioni salariali, e costruire la possibilità di colpire la produzione dei profitti. Se vogliamo opporci a ogni nazionalismo e politica di estrema destra, allora dobbiamo riconoscere che il lavoro migrante riguarda tutti. Ciò di cui abbiamo bisogno è uno sciopero sociale transnazionale. Lo sciopero è transnazionale e sociale se è capace di superare i confini dell’attivismo e del sindacalismo, dei paesi e dei settori lavorativi, muovendosi attraverso la società e i luoghi di lavoro al di fuori delle forme tradizionali di organizzazione, affrontando le condizioni politiche dello sfruttamento e la questione sociale. Ciò di cui abbiamo bisogno è di riprenderci lo sciopero come arma di insubordinazione. Il primo passo in questa direzione è di essere ora dalla parte dei migranti per combattere le divisioni nei luoghi di lavoro e contro quelle leggi che, in tutta Europa, rafforzano questo sfruttamento e indeboliscono tutti noi.

Per queste ragioni, facciamo appello a tutti i lavoratori e le lavoratrici precarie, ai migranti e ai rifugiati, agli attivisti, ai collettivi e ai sindacati affinché rendano il 1° Marzo 2016 una giornata di scioperi e azioni decentralizzate e coordinate, con l’obiettivo di interrompere la produzione e la riproduzione, di creare comunicazione tra diverse condizioni di lavoro, di rendere visibili situazioni nascoste di sfruttamento, di colpire il regime dei confini e le istituzioni che governano la mobilità e la precarietà. Il 1° Marzo 2010, dopo l’appello dalla Francia a organizzare “24h senza di noi” dei migranti, un’ampia coalizione ha organizzato in Italia uno sciopero politico nazionale contro le leggi sull’immigrazione. Da quel giorno prendiamo la forza del lavoro migrante e la sua capacità di essere un nodo di connessione tra differenti luoghi e condizioni. Il 1° Marzo vogliamo riprenderci l’idea dello sciopero migrante ed estenderla ad altre figure sociali che stanno subendo oggi l’austerità e il regime dei confini, perché solo creando un fronte sociale ampio possiamo avere la forza di combattere per i nostri diritti. Che il 1° Marzo sia il giorno in cui prendiamo una posizione chiara contro il governo della mobilità che produce precarietà per tutti. Che sia un giorno in cui troviamo rivendicazioni comuni. Queste rivendicazioni possono essere un salario minimo europeo, un reddito e welfare europei basati sulla residenza, un permesso di soggiorno europeo indipendente dal contratto di lavoro e dal reddito. Dalle periferie dimenticate ai centri delle città, dalle fabbriche ai luoghi di lavoro disseminati, per tutti i lavoratori e le lavoratrici precari a partire dal lavoro migrante, verso un ampio e potente sciopero sociale transnazionale. Non abbiamo né un’identità né un passato da difendere, ma solo un processo aperto per tempestare il presente.

Transnational Social Strike Platform

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Per informazioni e adesioni scrivere a info.transnationalstrike@autistici.org

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